senza paragone 13
01.
simili alle scritte sui muri, alle ere del loro sovrapporsi, come se
gli scorci urbani potessero, in prospettiva, proferirne il senso,
quando tutto sarà finito
02.
diversa dall’ostinazione dei giorni, dalla trama velleitaria che le
cose si piccano di mantenere in piedi, occupando in silenzio le tue
stanze, l’ufficio, i marciapiedi di viali periferici trafficati, in
cui ti riprendi da lunghi pensieri sottotraccia, da catene di
associazioni slogate, di visi, di brutte figure, per evitare una
donna che passa, il palo della luce su cui qualcuno, in un giorno
lontano, ha attaccato un adesivo e qualcun’altro, successivamente,
un altro ancora e forse un’automobile, sbandando, ha rotto il faro
i cui frammenti, senza capire, ti trovi a fissare dispersi,
impolverati, quasi preziosi
03.
non diverso dal centro commerciale, d’inverno, di sera, quando le
luci dei fari si muovono nei viali del suo parcheggio e per pochi
minuti si accendono, come scene di vicende spaiate, concitate, le
istantanee senza senso di famiglie che salgono in macchina, di donne
con il carrello vuoto, di sacchetti della spesa appoggiati per terra,
accanto al bagagliaio dove, nell’ombra, sembra muoversi un cane
04.
come i giardini sul retro delle villette a schiera, gli angoli in cui
qualcuno ha lasciato un rastrello, appoggiato al muro percorso da
crepe, macchie, segni di corrosioni microscopiche e incessanti
05.
pari al suono della sveglia, che innerva la finissima tensione
superficiale del sonno, la dissipa all’istante e ti rimette in
posa, sullo sfondo della realtà corrente, nel mezzo di scene di
interni, ricordi, occupazioni transitorie e ti inizia a una sequenza
spastica di eventi, inarrestabile, votata al sacrificio del proprio
giorno, alla consumazione del tempo e delle occasioni, mentre,
superando la porta della tua camera, il cono degli impegni, delle
stipulazioni che hai in corso con ciò che è vero, ti precede in
bagno, in cucina, lungo le scale che scendi