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mercoledì 29 agosto 2012
compostxt: sprachphilosofie
compostxt: sprachphilosofie: quante miglia sino a babilonia tre volte venti e dieci posso arrivare di sera ed anche ritornare il linguaggio per assumere la funzione c...
martedì 28 agosto 2012
sotto peggiori paragrafi (I-III) / f.t. 2012
mi
ha fatto un animale, una macchina, una macchina, un animale, come
posso assicurare che sia io il responsabile di tutto? e se è una
poesia che ho nel mio vecchio cerchio di dolore generato dalla morte di un capello, ho scritto ma è lo stesso anche a causa delle guerre
dei segni: perché io, a sua volta, porta alla morte e vi si lascia
inoculare senza i vari arredamenti, le applicazioni, dimenticate, per
l’espulsione di rifugiati a vario titolo nell’incubo cotidie di
bruciato il ragno della, verità, ma mai la tela del regno
centripeto
e così in astratte e le scanalature inferiori del piano detto
astrale, in cui è il divario di transizione o un’altra formula a
scavare all’improvviso un panorama di corpi celesti e di sangue.
prepararvi un proprio moto, in luogo, ma una catena anche umana e
girare in ogni caso non contando su quell’aggettivo, comune a
tutti, o peggio o meglio. invece, si ha giusto una vaga idea della
guerra poi coinvolti in un dialogo da strada, e come prorogati o
postergati a un’estensione permanente della pressione diastolica e
sistolica dai vostri, piccoli conti controllati dai computer, negli
eoni con successo
infine, è stata accettata, o non lo è stata. la gente chiama lui un umano, o altro di simile, purché lo si assimili, ché in le scoperte fuori quello toglie cosa solo solo antropomorfa ma gestita dalla scienza come vera: si sta distrutti hanno creato pensa proprio una cassetta, di sicurezza, per l’abuso di potere e la semplicità della larghezza di banda. poi alcuni, di voi o senza ricorrere a dell’acqua, non si ricordano ma niente della tenia né del fuoco: eppure, la passione morale è una parte naturale del corpo come il seno o un’ascella o le dita se lasciate senza pròtesi
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f.t.
h.
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fabio teti,
nel malintendere,
prosa,
quaderno di traduzioni,
sotto peggiori paragrafi
lunedì 20 agosto 2012
d. bellomi per eexxiitt : holy days - #03
i monaci vestiti. i
monaci vestiti: si definiscono – sono così, non chiedono
esattezza. a cosa porta il migrare, c'è termine, di ogni – si
definiscono. non saranno silenzio, solo zitti. è sufficiente. non
parlano di come possedere il lutto, le poltrone estensibili, anzi,
inerti – angolazioni, simili a quelle di una bara. stanno lì,
prendono il fuoco a schiena eretta, fino alla giunzione, genuflessi,
con la spada nella schiena – fino a quando non cadono, di lato, a
mani non rivolte verso il petto, all'incrocio – chi porta il
peso, all'ironia,
perché lo porta, di brutalità,
chi lo porta a noi, a chi si
deve, ricezione del segnale – offri
una pagina che non si trova, promossa nell'inserzione. dall'esterno
tutto sbaglia, tutto sembra incidere. fuori danno uno spazio
indeciso, ma ci sono – riducono il passaggio terminale: l'argine è
un canale di scolo decompresso, rilasciato con violenza dal
diaframma, adesso libero, si avvale di pagine-con-strappo, non
recuperate, di schienali rivolti verso l'alto, del loro peso – non
sazia il mare, non produce che terra. qui si scontrano le onde, fino
a qui arriva la voragine. posizione del mondo: vacanza senza
interruttore, di chi si avvinghia – parlando di impugnature, di
colpi, di quanto non siano
interessanti, impostati nel gioco, parabolici, poi tesi, spesso al di
là della rete. lo perderemo molto presto: è una cornice – cosa
offri, quando spara, si estrae, dipana il corpo:
per caso la vedesse, tornando indietro, verso di lui, nei muri
circolari, nelle tende distratte dal sole, dentro, dove è scuro,
nelle mani che prendono, afferrano maniglie, tirando fuori viti, poi
vetri, a pezzi – come si possono chiamare i vestiti? come può
qualcuno dirsi vestito, dichiarato esperto dalla legge? – volendo
ravvedersi. ancora l'incostanza dei passi, dei tasti che si premono.
le caffettiere spariscono, non ci sono. ora la finiamo, questa è una
pausa, l'ultima – guardando fuori, quando fuori c'è, il fuori, che
ti insegna, si confonde nel dirti qualcosa, quello che devi
dimostrare, cosa conoscere, il fenomeno, l'esemplificazione, l'esatto
riferimento – penso alle vacanze. trattenendomi.
domenica 19 agosto 2012
Sarah Edwards_ Harmon-ies(Brokehn)Cracked_ 2012
Pubblicato da
differx
h.
23:30
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scrittura asemantica
mercoledì 15 agosto 2012
perché non tace? (due voci, per memoria)
Non
facciamo dunque alcun conto, né che mi muova, né che non mi muova,
è più prudente, dato che la cosa non ha importanza, e passiamo a
cose che ne hanno. Quali? Questa voce che parla, pur sapendosi
menzognera, indifferente a quel che dice, forse troppo vecchia e
troppo umiliata per poter mai dire finalmente le parole che la
facciano cessare, che si sa inutile, e inutilmente inutile, che non
si ascolta, attenta al silenzio che rompe, dal quale forse un giorno
le ritornerà il lungo limpido sospiro d’avvento e d’addio, è
una di esse? Non porrò più domande, non ne conosco più. Essa esce
da me, mi riempie, grida contro i miei muri, non è la mia, non posso
fermarla, non posso impedirle di straziarmi, di scuotermi, di
assediarmi. Non è la mia, io non ne ho, non ho voce e devo parlare,
è tutto quello che so, è intorno a questo punto che bisogna
parlare, con questa voce che non è la mia, ma che può essere solo
la mia, perché ci sono solo io, o, se ci sono altri, oltre a me, ai
quali questa voce potrebbe appartenere, essi non giungono fino a me,
non ne dirò più, non sarò più chiaro. Forse mi osservano da
lontano, non ci vedo alcun inconveniente, dal momento che non li
vedo, come un volto in un braciere, che sanno destinato a sfarsi, ma
la cosa va troppo per le lunghe, si fa tardi, gli occhi si chiudono,
domani bisogna svegliarsi presto. Sono dunque io che parlo, da
solo, non potendo fare altrimenti. No, io sono muto. A proposito, se
tacessi? Cosa mi accadrebbe? Peggio di quello che m’accade? Ma sono
ancora domande. Ecco un tratto tipico. Non conosco domande e me
ne escono dalla bocca tutti i momenti. Credo di sapere di che si
tratti. È perché il discorso non si fermi, questo discorso inutile
del quale non mi si tien conto, che non s’avvicina d’una sillaba
al silenzio. Ma sono sull’avviso, non darò più risposte, non farò
più finta di cercare. Forse sarò costretto, per non restare a
secco, a inventare ancora qualche scena fiabesca, con teste, tronchi,
braccia, gambe e tutto quel che segue, scagliati attraverso
l’immutabile alternativa dell’ombra imperfetta e della dubbia
luminosità, come già mi è occorso. Ma ho buone speranze di no. Ma
ho sempre questa risorsa.
[Samuel Beckett, da L'Innominabile, in Id., Trilogia, a c. di A. Tagliaferri, Einaudi, Torino 1996]
* * *
luci luci...
come riluce
ciò che ha una luce, dentro,
che si spegne
splende perché accalora
perché non tace?
perché se tace dice
“va
bene, tutto questo buio –
dopo sarà soltanto un po’ più scuro"
[Giuliano Mesa, da Quattro quaderni, in Id., Poesie 1973-2008, La Camera Verde, Roma 2010]
Pubblicato da
f.t.
h.
07:30
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samuel beckett
venerdì 10 agosto 2012
mercoledì 8 agosto 2012
domenica 5 agosto 2012
venerdì 3 agosto 2012
d. bellomi : finzione atriale - carica a trecento, libera
la soglia è un atrio istituito come parte, stato separato. capire dove può condurre questa terra. si riferisce allo spazio presente nella camera, di aree regionali e remote, in particolare relative al corridoio, androne delle grotte. è un romanzo, interessa la prima carica. esistono, tuttavia, cervello e camere di raccolta del sangue. stanno in un lato della zona interna al cuore. è possibile immettere il cuore attraverso il sangue direttamente nel portale, appena si applica il gel. in primo luogo, ricordatevi di essere sulla soglia della vibrazione. sia come sia, sarà sempre diverso. non c'è alcun riguardo, o menzione di spazi, camere, aree regionali e remote, istituzioni o collegamenti oscuri, inaccessibili. impostate il timer, proprio come durante un romanzo. abitate questi corridoi, fatevi carico delle spese, o giù di lì. è
possibile immettere un portale, un buco, applicarlo al cuore, dentro, nel
sangue, e di nuovo interessarsi al cervello, alla portata del salvataggio locale, al sangue, al cuore, alle mani, a ciò che potrebbe valere, a ciò che si potrebbe dire. durante la proiezione del romanzo, questo stato perderà il proprio corpo. la violenza si sviluppa in pareti sottili, partenze dalla terra. diventa facile per i pesci, per tutti gli atri, i ventricoli che si sono fermati, il cuore del continente che si arreda. non ha mai considerato alcun trattamento. i
vertebrati rimarranno al suolo, occuperanno le loro tre o quattro camere, un soggiorno, disimpegneranno il
sangue in tutto il ciclo, per ciò che è completo, per ciò che suggerisce un nuovo inizio. si perdono le cavità del corpo. la parete esterna non può essere realizzata, consente il sangue al cuore. vediamo almeno due oggetti, due parti che non si muovono. ricarica questa pagina. un romanzo. mentre sono ancora liberi.
The Last Vispo Anthology (1998-2008)
http://slowforward.wordpress.com/2012/08/03/the-last-vispo-2/"
preview: http://www.fantagraphics.com/images/stories/previews/lasvis-preview.pdf [pdf 5.2 Mb]
Pubblicato da
differx
h.
14:20
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