fa
paura la lingua quando fa
tutti
quegli schiocchi o si attorce
(si
sloga come per sé, sola, e invece
cosparge
di richiami, di vecchie ossa gialle,
giovani
vagine, gengive gonfie d’alcool)
la
mente – come la chiamano –
teme
di assordarsi, che la sfondi
un
timpano percosso così forte –
“morte,
oh tu che poni mente a noi
dacché
noi siamo” –
(e
via! anche un fiato di vaniglia,
lo
scroto rattrappito e quello enfiato,
le
mammelle delle maestrine,
delle
cugine, delle nonnine stanche) –
tutto
si fa così, poi, non è vero?
a
scappa e fuggi, a perdisenso,
in
lembi di tempo rugginosi,
soprattutto,
infine,
dopo
che molto pulsa sempre meno.
mentre
la lingua
fa
tutti i suoi rumori strani –
shrapnel
crachat – i suoi
stordimenti,
i suoi fuochi
e
ghiacci
e
tutto senza mai guarire,
pensa,
non si guarisce mai
12
febbraio 1996. per
Amelia Rosselli
[da Quattro quaderni. Improvvisi 1995-1998, Zona, Lavagna 2000, poi Poesie 1973-2008, La camera verde, Roma 2010]